Egli rappresentava anche le parti le quali in quel tempo avevano mestieri di vicendevole soccorso. Era teologo e insieme uomo di stato. Nel suo carattere di teologo, era pronto a spingersi nella via d'innovare, al pari di ogni riformatore svizzero o scozzese. Nel suo carattere d'uomo di stato, bramava di conservare l'ordinamento che per tante generazioni aveva mirabilmente giovato gl'intenti dei vescovi di Roma, e che poteva sperarsi gioverebbe adesso egualmente i re d'Inghilterra e i loro ministri. Per indole ed intelligenza era mirabilmente temprato ad operare come mediatore. Onestissimo nelle sue professioni, senza scrupoli ne' negozi, zelante anche per le cose da poco, audace nello speculare, tardo o accomodato ai tempi nell'agire, nemico placabile e tepido amico, era per ogni ragione qualificato ad ordinare i patti di coalizione fra i nemici spirituali e temporali del papismo.
XXVI. Fino ai dì nostri la costituzione, le dottrine e i riti della Chiesa serbano i segni visibili del patto d'onde essa originava. Tiene un punto medio fra la Chiesa di Roma e quella di Ginevra. Le sue confessioni e i suoi discorsi dottrinali, composti dai protestanti, contengono principii di teologia nei quali Calvino e Knox avrebbero appena trovato un solo vocabolo da disapprovare. Le sue preghiere, i suoi rendimenti di grazie, derivati dalle vecchie liturgie, sono quasi tutti tali, che il vescovo Fisher o il cardinal Polo gli avrebbe cordialmente adottati. Un controversista che attribuisse un senso arminiano agli articoli e alle omelie della Chiesa Anglicana, verrebbe dagli uomini sinceri giudicato irragionevole, come un controversista che negasse non esservi nella liturgia di quella la dottrina della rigenerazione battesimale.
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