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      Il patriottismo degl'Irlandesi aveva preso un cammino peculiare. Lo scopo de' loro rancori non era Roma, ma l'Inghilterra; ed avevano ragioni speciali per abborrire quei sovrani inglesi che erano stati capi di quel grande scisma, Enrico VIII ed Elisabetta. Mentre ferveva la lotta che due generazioni di principi Milesii tennero viva contro i Tudors, lo entusiasmo religioso e l'entusiasmo nazionale si confusero inseparabilmente negli animi della razza vinta. La nuova contesa fra protestanti e papisti riaccese la vecchia contesa tra Sassoni e Celti. Gl'Inglesi vincitori, frattanto, trascuravano ogni mezzo legittimo di conversione. Non si davano pensiero di provvedere la vinta nazione d'istitutori capaci di farsi intendere. Non fu fatta una versione della Bibbia in lingua ersa. Il governo fu pago di stabilire una vasta gerarchia di arcivescovi, vescovi e rettori protestanti, i quali non facevano nulla, e per non far nulla erano pagati con le spoglie d'una Chiesa amata e riverita dalla più parte del popolo.
      Le condizioni della Scozia e della Irlanda erano tali da svegliare il timore nel petto d'un preveggente uomo di stato. Nondimeno, eravi apparenza di tranquillità. Per la prima volta tutte le isole britanniche trovavansi unite pacificamente sotto un solo scettro.
      E' sembrerebbe che la importanza dell'Inghilterra fra gli stati Europei avesse dovuto da quell'epoca in poi accrescersi grandemente. Il territorio governato dal nuovo re, era per estensione doppio di quello che ad Elisabetta era toccato in retaggio.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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