Elisabetta, convinta che i propri diritti soggiacevano a gravi obiezioni, e non volendo ammettere nè anche un diritto di riversibilità nella regina degli Scozzesi sua rivale e nemica, indusse il Parlamento a fare una legge, nella quale ordinavasi che chiunque negasse la competenza del sovrano regnante, col consentimento degli Stati del regno, a variare la successione, verrebbe punito di morte come traditore. Ma le condizioni in cui Giacomo trovavasi, erano assai diverse da quelle in cui era stata Elisabetta. Molto inferiore ad essa e per ingegno e per popolarità, considerato dagli Inglesi come straniero, ed escluso dal trono per virtù del testamento di Enrico VIII, il re degli Scozzesi era nondimeno lo erede indubitabile di Guglielmo il Conquistatore e di Egberto. Aveva quindi manifesto interesse ad inculcare la dottrina superstiziosa, che la nascita conferisce diritti superiori alla legge e inalterabili dalla legge. Oltredichè, era dottrina cónsona alla tempra dello intelletto e all'indole di lui: però trovò tosto molti difensori fra coloro che ambivano il favore del principe, e fece rapidi progressi fra il clero della Chiesa stabilita.
Così, nel momento medesimo in cui cominciava a manifestarsi vigoroso nel Parlamento e nel paese lo spirito repubblicano, le pretese del monarca assunsero una forma mostruosa, che avrebbe disgustato il più superbo ed arbitrario de' principi che lo avevano preceduto sul trono.
Giacomo vantavasi sempre della sua perizia in quella ch'egli chiamava arte di regno; e nondimeno, riesce quasi impossibile immaginare una condotta che al pari della sua fosse direttamente opposta a tutte le regole dell'arte di regnare.
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