È stata sempre politica de' principi savi il travestire gli atti vigorosi con forme popolari. In questa guisa Augusto e Napoleone stabilirono le loro monarchie assolute, mentre il popolo li considerava come semplici cittadini rivestiti di magistrature temporanee. La politica di Giacomo procedeva tutta al rovescio. Provocava la rabbia e la paura del suo Parlamento, dicendogli sempre che i rappresentanti della nazione potevano esercitare i propri privilegi finchè egli volesse, e che non ispettava loro di discutere intorno a ciò ch'egli potesse legalmente fare, come non avevano diritto alcuno di discutere sulla legalità delle azioni di Dio. Nulladimeno, egli piegavasi innanzi al Parlamento, abbandonava i suoi ministri, l'uno dopo l'altro, alla vendetta di quello, e pativa d'essere trascinato ad atti direttamente ripugnanti alle sue più forti tendenze. Così crebbero insieme lo sdegno eccitato dalle sue pretese, e lo scherno provocato dalle sue concessioni. L'affetto che egli portava a indegni favoriti, e la sanzione ch'ei dava alla tirannia e rapacità loro, tenevano perpetuamente vivi i malumori. La codardia, la pedanteria, la fanciullaggine sue, la sgarbatezza della persona e de' modi suoi, il suo accento provinciale, lo facevano segno al pubblico dileggio. Anco nelle sue virtù e nelle sue doti era alcun che di affatto sconvenevole ad un re. Così, in tutto il corso del suo regno, venne sempre più scemando la riverenza tradizionale che il trono ispirava al popolo. Per duecento anni, tutti i sovrani che avevano governata la Inghilterra, tranne lo sventurato Enrico VI, erano stati uomini d'animo forte, di spirito altero e di contegno principesco.
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