Ma il Testamento Vecchio conteneva la storia di un popolo eletto da Dio ad essere testimonio della sua unità e ministro della sua vendetta, ed in ispecie comandato a operare tali cose, che se fossero state fatte senza espresso comando divino, si sarebbero reputate atroci delitti. Agli spiriti cupi e feroci non tornava difficile trovare in quella storia molti fatti che potessero agevolmente stiracchiarsi a significati convenevoli ai loro desiderii. I più rigidi puritani, adunque, cominciarono a sentire per il Vecchio Testamento una predilezione, che essi forse non confessavano chiaramente, ma che traluceva in tutti i pensieri e i costumi loro. Tributavano al linguaggio ebraico quel rispetto che ricusavano alla lingua nella quale sono a noi pervenuti i discorsi di Cristo e le epistole di Paolo. Battezzando i loro figliuoli, adoperavano non i nomi de' santi cristiani, ma quelli de' patriarchi e de' guerrieri ebrei. Sfidando le espresse e ripetute dichiarazioni di Lutero e di Calvino, trasmutarono in un sabato giudaico il giorno festivo settimanale, con cui la Chiesa aveva, fino da' tempi primitivi, commemorata la risurrezione del suo Signore. Nella legge mosaica cercavano i principii della giurisprudenza, e nei libri dei Giudici e dei Re indagavano le norme del vivere. I pensieri e discorsi loro versavano sopra azioni che certamente non vengono ricordate come esempi da imitarsi. Il profeta che tagliò a pezzi un re prigioniero, il capitano ribelle che dette a bere ai cani il sangue d'una regina, la matrona che, violando la fede data e le leggi dell'ospitalità orientale, confisse il chiodo nel cranio dell'alleato fuggiasco che aveva pur allora mangiato al desco e dormito sotto la tenda di lei, venivano proposti come esempi da imitarsi ai Cristiani che pativano la tirannia dei principi e dei prelati.
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