Quegli alti intelletti determinaronsi di porre il Re in tali condizioni da dovere condurre il governo dello Stato secondo i desiderii del Parlamento, o indursi a violare i più sacri principii dello Statuto. Però, brontolando sempre nel concedergli scarsi sussidi, lo posero nel bisogno di governare o d'accordo con la Camera de' Comuni, o sfidando ogni legge. Non mise tempo fra mezzo, ed elesse. Sciolse il suo primo Parlamento di propria autorità, e impose tasse. Convocò un secondo Parlamento, e lo trovò più riottoso del primo. Adottò di nuovo lo espediente di discioglierlo, impose nuove tasse senza la minima apparenza di legalità, e gettò in carcere i capi dell'opposizione. Nel tempo stesso, eccitò universale scontento e timore un nuovo aggravio, che riusciva insopportabilmente penoso al sentire ed ai costumi della nazione inglese, e che a tutti gli uomini previdenti sembrava di sinistro augurio. Le compagnie de' soldati vennero distribuite fra i cittadini onde provvedere agli alloggi, ed in taluni luoghi la legge marziale fu sostituita all'antica giurisprudenza del regno.
XXXVIII. Il Re, convocato un terzo Parlamento, tosto si accorse che la Opposizione erasi fatta più vigorosa e fiera che mai. Divisò quindi di mutar tattica. Invece di opporre inflessibile resistenza alle richieste della Camera de' Comuni, egli, dopo molti alterchi e molte evasioni, s'indusse ad un patto il quale, ove fosse stato da lui fedelmente mantenuto, avrebbe stornata una lunga serie di gravi sciagure.
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