Rimaneva ancora un ultimo espediente, il quale, secondo che il Re illudevasi, l'avrebbe potuto salvare dalla ignominia di affrontare un'altra Camera de' Comuni. A quella dei Lordi egli era meno avverso. I vescovi gli erano affezionati; e quantunque i Pari secolari fossero generalmente malcontenti della sua amministrazione, avevano, come classe, cotanto interesse a mantenere l'ordine e la stabilità delle antiche istituzioni, che non era verosimile richiedessero vaste riforme. Contro la non interrotta costumanza di secoli, ei convocò un gran consiglio composto di soli Pari. Ma costoro furono così prudenti da non assumere le funzioni incostituzionali di cui egli voleva rivestirli. Senza pecunia, senza credito, senza autorità nè anche nello stesso suo campo, gli fu forza cedere alla pressura della necessità. Le Camere furono convocate; e le nuove elezioni provarono che, dalla primavera in poi, la sfiducia e l'odio contro il governo eransi spaventevolmente accresciuti.
XLVI. Nel novembre del 1640 adunossi quel famoso Parlamento, il quale, malgrado i suoi molti errori e disastri, è degno della riverenza e gratitudine di tutti coloro che in qualsivoglia parte del mondo godono i beni del governo costituzionale.
Nel corso dell'anno che seguì, nessuna grave scissura d'opinioni mostrossi in ambedue le Camere. Per lo spazio di quasi dodici anni, l'amministrazione civile ed ecclesiastica era stata cotanto oppressiva ed incostituzionale, che perfino quelle classi le quali generalmente inchinano all'ordine ed alla autorità, erano pronte a promuovere riforme popolari, e tradurre i satelliti della tirannide innanzi alla giustizia.
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