In un attimo, i popoli aborigeni insorsero contro le colonie. Una guerra alla quale l'odio nazionale e religioso dette un carattere di particolare ferocia, desolò Ulster e si estese alle vicine provincie. Il castello di Dublino nè anche reputavasi luogo di sicurezza. Ciascuna posta recava a Londra racconti esagerati di fatti, che, anche scevri d'ogni esagerazione, bastavano a empire l'animo di pietà e d'orrore. Questi sciagurati avvenimenti svegliarono più che mai lo zelo de' due grandi partiti che sedevano, con vicendevole nimistanza, nella sala di Westminster. I realisti sostenevano esser debito precipuo d'ogni buono inglese e d'ogni buon protestante, in siffatte circostanze, rinvigorire il braccio del sovrano. Alla opposizione pareva che allora più che mai vi fossero fortissime ragioni di invigilarlo e infrenarlo. Il trovarsi la cosa pubblica in pericolo, era senza dubbio buona ragione per conferire maggiori poteri ad un magistrato degno di fiducia; ma era parimente buona ragione per iscemarli o toglierli ad un magistrato che in suo cuore era nemico pubblico. Era stato scopo precipuo del Re il formare un grande esercito; ed ora bisognava formarlo. Si doveva, dunque, temere che ove non si stabilissero nuove guarentigie, le forze raccolte per risottomettere la Irlanda, venissero adoperate contro le libertà della Inghilterra. Nè ciò era tutto. Un orribile sospetto, ingiusto, a dir vero, ma non affatto fuori di natura, era nato in cuore a molti. La Regina era cattolica romana; il Re non era considerato dai Puritani, ch'egli aveva spietatamente perseguitati, come sincero protestante; ed era sì nota a tutti la sua doppiezza, da non esservi specie di tradimento di cui i suoi sudditi, con qualche apparenza di ragione, non lo credessero capace.
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