Forti legioni di milizie, che regolarmente davansi la muta, facevano la guardia attorno il palazzo di Westminster. Le porte della reggia erano tuttodì assediate dalla furibonda moltitudine, le cui minacce ed esecrazioni pervenivano fino alla sala d'udienza, e che i gentiluomini della Corte appena potevano impedire che irrompesse negli appartamenti reali. Se Carlo fosse rimasto più a lungo nella sua tempestosa metropoli, è probabile che la Camera de' Comuni avrebbe trovata una scusa per farlo, sotto forme esteriori di rispetto, prigioniero di stato.
LI. Egli si allontanò da Londra, per non ritornarvi mai fino al giorno d'un terribile e miserando giudicio. Iniziaronsi negoziati, che durarono molti mesi. I partiti contendenti scagliavansi vicendevolmente recriminazioni ed accuse: ogni via d'accomodamento era impossibile. La pena che colpisce la perfidia abituale, finalmente colse quel tristo principe. Nulla gli valsero gli sforzi onde egli impegnò la sua regia parola, ed invocò il Cielo a testimonio della sincerità delle sue promesse. Giuramenti e trattati più non bastavano a vincere la diffidenza de' suoi avversari, i quali pensavano di non avere sicurtà se non quando il Re fosse ridotto ad assoluta impotenza. Chiedevano, quindi, ch'egli rendesse non solo quelle prerogative che aveva usurpate violando le antiche leggi e le sue proprie recenti promesse, ma anco altre prerogative che i re inglesi avevano fruito da tempo immemorabile, e seguitano a fruire anco ai dì nostri. Gli volevano togliere la potestà di nominare i Ministri, di creare i Pari, senza il consenso delle Camere.
| |
Westminster Corte Carlo Camera Comuni Londra Cielo Ministri Pari Camere
|