Protestò pubblicamente di non essersi mai rivolto ad armi straniere per domare i suoi popoli, mentre privatamente implorava aiuto dalla Francia, dalla Danimarca o dalla Lorena. Negò pubblicamente di avere impiegati i papisti, e nel medesimo tempo mandava ordini ai suoi generali per impiegare ogni papista che volesse servire. Prestò pubblicamente in Oxford il giuramento, promettendo di non esser mai connivente al papismo; mentre privatamente assicurava la propria moglie, che egli intendeva tollerarlo in Inghilterra; e dette facoltà a lord Glamorgan di promettere che il papismo verrebbe ristabilito in Irlanda. Finalmente, tentò d'uscire d'impaccio a danno del suo ministro. Glamorgan ricevé, tutte scritte di mano del Re, riprensioni che dovevano esser lette da altri, o lodi che dovevano esser vedute da lui solo. Fino a tal segno allora erasi spinta la indole falsa del Re, che i suoi più devoti amici non si poterono frenare dal querelarsi fra loro, con amaro dolore e vergogna della torta politica di lui. I suoi difetti, dicevano essi, davano loro meno molestia de' suoi intrighi. Dall'istante in cui fu fatto prigioniero, non v'era individuo del partito vittorioso che egli non cercasse avvolgere fra le sue lusinghe e fra le sue macchinazioni; ma non gli toccò peggiore ventura di quella ch'egli ebbe allorquando si studiò di blandire Cromwell, nel tempo stesso che voleva minargli il terreno; e Cromwell era uomo da non lasciarsi vincere né dalle blandizie né dalle macchinazioni.
LXI. Cromwell doveva risolvere se mai fosse cosa prudente porre a rischio l'affetto che gli portava il suo partito, lo affetto dell'armata, la propria grandezza, anzi la sua propria vita, per un tentativo che probabilmente sarebbe riuscito vano; pel tentativo, cioè, di salvare un principe che non si sarebbe potuto mai vincolare con nessun giuramento.
| |
Francia Danimarca Lorena Oxford Inghilterra Glamorgan Irlanda Cromwell Cromwell
|