Era stato educato in guisa da bene sviluppare il suo intendimento, ed assuefare il suo spirito allo esercizio d'ogni virtł pubblica e privata. Aveva provate tutte le vicissitudini della fortuna. Giovanissimo, era stato tratto dalla reggia ad una vita d'esilio, di penuria, di pericolo. Pervenuto alle etą in cui la mente e il corpo trovansi nella maggior perfezione, e il primo bollore delle giovanili passioni cessa di sconvolgere l'anima, era stato richiamato dalla sua vita randagia a porsi sul capo la corona degli avi. Aveva dalla amara esperienza imparato come la viltą, la perfidia e la ingratitudine, si sappiano nascondere sotto l'ossequioso contegno della cortigianeria; mentre nel tugurio del povero aveva trovata la vera nobiltą dell'animo. Allorquando offrivano ricchezze a chi lo avesse tradito, minacciavano di morte chiunque gli avesse dato ricovero, gli abitatori delle capanne e i servitori avevano fedelmente mantenuto il secreto, ed a lui, umilmente travestito, avevano baciato la mano con tanta riverenza, quanta gliene avrebbero mostrata se fosse stato assiso sul trono. Era da sperarsi che un giovine uscito da cosiffatta scuola, il quale non difettava nč di destrezza nč di amabilitą, si dovesse mostrare Re grande e buono. Carlo uscģ da quella scuola adorno di socievoli abitudini, di maniere squisite e cortesi, e di qualche ingegno pel conversare vivace, dedito oltremodo ai piaceri sensuali, amante degli ozi e de' frivoli sollazzi, incapace di abnegazione e di sforzo, incredulo alla virtł o allo affetto dell'uomo, senza desio di fama, sordo al rimprovero.
| |
|