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      Colui che esita a spiacere a pochi che gli stanno d'intorno, pel bene dei molti che non vede giammai, non è fatto per governare una grande società. La facilità di Carlo era tanta, da non trovarsi forse mai in un uomo di sensi a lui simile. Era schiavo, senza essere zimbello, degl'inganni altrui. Donne ed uomini indegni, ai quali sapeva leggere nelle ime latebre del cuore, e i quali egli conosceva privi d'affezione e immeritevoli della sua fiducia, sapevano lusingarlo tanto, da strappargli dalle mani titoli, uffici, terre, secreti di Stato, e grazie. Donò molto, ma nè godè il piacere, nè acquistò la fama di benefico. Spontaneo non donò mai, ma eragli duro rispondere con un rifiuto. Dal che seguiva, che la sua bontà generalmente non iscendesse sopra coloro che più la meritavano, nè anche sopra coloro ai quali portava affetto, ma sopra il più svergognato ed importuno che fosse riuscito ad ottenere udienza.
      Le cagioni che governarono la condotta politica di Carlo II, differivano assai da quelle onde il predecessore e il successore suoi furono mossi. Non era uomo da lasciarsi imporre dalla teoria patriarcale del Governo e dalla dottrina del diritto divino. Era onninamente scevro d'ambizione. Detestava gli affari, e avrebbe piuttosto abdicato, che sopportare lo incomodo di dirigere veramente l'amministrazione. Tanta avversione aveva alla fatica e tanta ignoranza degli affari, che gli stessi suoi segretari, quando sedeva in consiglio, non potevano frenarsi d'irridere alle sue frivole osservazioni ed alla sua fanciullesca impazienza.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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