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      Nè gratitudine nè vendetta contribuivano a determinare la sua condotta, perocchè non vi fu mai mente in cui i servigii o le ingiurie lasciassero, come nella sua, deboli e passeggiere impressioni. Desiderava semplicemente essere Re come lo fu poscia Luigi XV di Francia; Re che potesse trarre dal tesoro danari senza fine per appagare i suoi gusti privati; che potesse comprare con ricchezze ed onori persone capaci di aiutarlo a fargli passare il tempo; e che, anche quando lo Stato fosse per la pessima amministrazione caduto in fondo alla vergogna, e spinto sull'orlo del precipizio, potesse escludere ogni tristo pensiero dal ricinto del suo serraglio, e ricusare l'accesso a chiunque potesse disturbare i voluttuosi suoi ozii. Per ciò, e per ciò solo, egli bramava conseguire il potere arbitrario, qualora si fosse potuto conseguire senza rischio o incomodo. Nelle dispute religiose che affaccendavano i suoi sudditi protestanti, la sua coscienza non aveva interesse nessuno; perocchè le sue opinioni oscillavano in uno stato di sospensione satisfatta, fra la incredulità e il papismo. Ma, quantunque la sua coscienza rimanesse neutrale nella contesa tra gli Episcopali e i Presbiteriani, il suo gusto non era tale in nessun modo. I suoi vizi prediletti erano precisamente quelli ai quali i Puritani indulgevano meno. Egli non poteva passare un solo giorno senza il conforto di que' sollazzi che i Puritani consideravano peccaminosi. Come uomo egregiamente educato, e assai sensibile al ridicolo, le stranezze de' Puritani lo spingevano ad un riso di dispregio.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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