Lauderdale, chiassoso e triviale nella gioia e nella collera, era forse, sotto l'apparenza di una presuntuosa franchezza, l'uomo più disonesto della Cabala. Erasi reso cospicuo fra gl'insorgenti scozzesi del 1638, ed era zelante della Convenzione. Lo accusavano d'essere stato complice di coloro che avevano venduto Carlo I al Parlamento Inglese, ed era perciò dai Cavalieri reputato traditore, peggiore, s'era pur possibile, di quelli che avevano seduto nell'Alta Corte di Giustizia. Spesso parlava con istemperato scherzo dei giorni in cui egli era stato santocchio e ribelle. Ed ora la Corte se ne giovava come di precipuo strumento per imporre a forza il culto episcopale ai concittadini di lui; e in cosiffatto proposito, non abborrì dallo adoperare inesorabilmente la spada, il capestro e lo stivaletto(39). Nondimeno, chi conoscevalo, sapeva bene che trenta anni di vicende non avevano prodotto il minimo cangiamento ne' suoi veri sentimenti; che tuttavia egli odiava la memoria di Carlo I, e seguitava a preferire ad ogni altra forma di Governo ecclesiastico quella de' Presbiteriani.
Per quanto Buckingham, Ashley e Lauderdale, fossero scevri di scrupoli, non fu reputato prudente il farli partecipi dello intendimento che il Re aveva di dichiararsi cattolico romano. Fu loro mostrato un falso trattato, dove era omesso lo articolo concernente la religione. Al trattato genuino vennero apposti i soli nomi e sigilli di Clifford e d'Arlington. Ambidue questi uomini di Stato erano parziali della vecchia Chiesa: parzialità che, dopo non molto tempo, l'animoso e veemente Clifford confessò; mentre Arlington, più freddo e più codardo, la tenne nascosta, finchè lo avvicinarsi della morte, riempiendogli l'animo di terrore, lo indusse ad essere sincero.
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