Oates, per non essere vinto dai suoi imitatori, alla sua prima narrazione aggiunse un ampio supplemento. Ebbe la portentosa impudenza di affermare, fra le altre cose, d'essersi una volta nascosto dietro un uscio socchiuso, ed avere udito la Regina che affermava di avere assentito allo assassinio del proprio consorte. Il volgo credeva, e gli alti magistrati facevano mostra di credere, simiglianti fandonie. I giudici principali del Regno erano corrotti, crudeli e vigliacchi. I capi del partito patriottico fomentavano il pubblico inganno. I più rispettabili di essi, in verità, erano talmente caduti in inganno, da credere vera la maggior parte delle prove della congiura. Uomini come Shaftesbury e Buckingham, senza alcun dubbio, si accorgevano che tutto era una pretta invenzione; ma giovava pur troppo i loro disegni, e alle loro aride coscienze la morte di un innocente non dava inquietudine maggiore di quella della morte d'una pernice. I giurati partecipavano ai sentimenti allora comuni a tutta la nazione, e venivano incoraggiati dal seggio a compiacere senza riserbo a cosiffatti sentimenti. La plebe applaudì Oates e i suoi consorti, fischiò e battè i testimoni che comparvero a difesa degli accusati, e mandò gridi di gioia appena fu profferita la sentenza che li dichiarava colpevoli. Invano que' miseri invocavano la onestà della loro vita passata; imperocchè nella mente di tutti stava fitto il pensiero, che quanto più coscienzioso fosse un papista, tanto era più verosimile che ei congiurasse contro un Governo protestante.
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