La sola questione dell'Esclusione occupava le menti di tutti. Tutta la stampa e i pergami del reame presero parte al conflitto. Da un lato, sostenevasi che la Costituzione e la Religione dello Stato non sarebbero mai sicure sotto un re papista; dall'altro lato, che il diritto di Giacomo alla Corona derivava da Dio, e non poteva essere annullato nè anche dal consenso dell'intero corpo legislativo.
LII. Ogni contea, ogni città, ogni famiglia, era in grande agitazione. Le cortesie e le ospitalità de' vicini rimanevano interrotte. I più cari vincoli d'amicizia e di sangue erano indeboliti o rotti. Perfino gli scolari erano divisi in parti; e il Duca di York e il Conte di Shaftesbury avevano partigiani zelanti in Westminster ed Eaton. I teatri risuonavano de' clamori delle avverse fazioni. La Papessa Giovanna fu messa sulle scene dai fervidi protestanti. I poeti pensionati empivano i prologhi e gli epiloghi di elogi al Re e al Duca. I malcontenti assediavano il trono con petizioni, chiedendo la subita convocazione del Parlamento. I realisti mandavano indirizzi, significando lo estremo aborrimento contro tutti coloro che presumessero imporre al sovrano. I cittadini di Londra raccoglievansi a diecine di migliaia, onde bruciare il papa in effigie. Il Governo appostò coorti di cavalleria a Temple Bar, e collocò le artiglierie attorno Whitehall. In quell'anno, la nostra lingua si arricchì di due parole, mob e sham(44); notevoli ricordi d'una stagione di tumulti e d'impostura(45).
LIII. Gli avversari della Corte erano chiamati Birminghams, Petizionisti, Esclusionisti.
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