Ma coloro che non conoscevano pienamente come noi le relazioni di lui con la Francia, e che aborrivano dalle violenze dei Whig, enumeravano le ampie concessioni da lui fatte negli ultimi anni al Parlamento, e le concessioni anche più ampie che avea dichiarato di voler fare. Aveva assentito alle leggi che escludevano i Cattolici Romani dalla Camera de' Lordi, dal Consiglio Privato, e dagli(48) uffici civili e militari. Aveva approvato l'Atto dell'Habeas Corpus. Se non s'erano per anche fatti provvedimenti contro i pericoli ai quali la Costituzione e la Chiesa potevano essere esposte sotto un Sovrano cattolico romano, la colpa non era di Carlo, che aveva invitato il Parlamento a proporre le opportune guarentigie, ma di quei Whig i quali avevano ricusato di aderire a qualunque provvisione da sostituirsi alla Legge d'Esclusione. Una sola cosa aveva il Re negata al suo popolo. Aveva ricusato di annullare il diritto ereditario del fratello. E non v'erano buone ragioni a credere che tale rifiuto nascesse da sentimenti lodevoli? Di quale motivo d'egoismo poteva la stessa fazione addebitare l'animo del Re? La Legge d'Esclusione non iscemava le prerogative nè le entrate del Principe regnante. Veramente, approvandola, avrebbe potuto facilmente ottenere un ampio accrescimento alle sue proprie rendite. E che poteva ciò importare a colui che regnasse dopo? Inoltre, se Carlo aveva predilezioni personali, tutti sapevano ch'egli prediligeva il Duca di Monmouth sopra il Duca di York. E però, il modo più naturale di spiegare la condotta del Re sembrava essere che, comunque ei fosse d'indole spensierata e di bassa morale, aveva, in quell'occasione, operato secondo gl'impulsi del dovere e dell'onore.
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