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      In ogni Contea erano gentiluomini d'età matura, che avevano veduta una disciplina la quale era tutt'altro che trastullo da ragazzi. Questi era stato fatto cavaliere da Carlo I dopo la battaglia di Edgehill. Quell'altro portava ancora la cicatrice della ferita che aveva ricevuta in Naseby. Un terzo aveva difesa la sua vecchia abitazione, finchè Fairfax ne aveva sfondata la porta con una bomba. La presenza di questi vecchi Cavalieri, con le loro vecchie spade e casse di pistola, e con le loro vecchie novelle di Goring e Lunsford, davano alle riviste de' militi un aspetto guerresco, che non avrebbero altrimenti avuto. Anche quei gentiluomini di provincia che erano sì giovani da non aver potuto pugnare coi corazzieri del Parlamento, erano stati, fino dalla infanzia loro, circuiti dei segni di fresca guerra, e nutriti di storielle intorno alle gesta militari dei loro padri e zii. Così il carattere dello scudiere inglese del secolo decimosettimo, era composto di due elementi, che non siamo avvezzi a vedere insieme congiunti. La ignoranza e ruvidità sue, i suoi gusti bassi, le sue frasi triviali, verrebbero, ai tempi nostri, considerati come indizi d'una natura e educazione al tutto plebee. Nulladimeno, egli era essenzialmente patrizio, ed aveva, in larga misura, le virtù e i vizi propri degli uomini, per diritto di nascita, posti in alto, ed avvezzi a comandare, ad essere rispettati, e a rispettare sè stessi. Non è agevole per una generazione assuefatta a trovare sentimenti cavallereschi solo in compagnia degli studi liberali e dei modi gentili, lo immaginare un uomo con il contegno, il frasario e lo accento di un vetturino, e nondimeno puntiglioso in materia di genealogia e di precedenza, e pronto a rischiare la propria vita piuttosto che vedere una macchia sopra l'onore della propria casa.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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