XXIII. Queste quattro sedi principali delle nostre grandi manifatture sono meritevoli di speciale ricordanza. Sarebbe noioso enumerare tutti i popolosi ed opulenti alveari d'industria, che cento cinquanta anni fa erano villaggi privi d'una parrocchia, o triste maremme abitate solo dagli uccelli e dalle belve. Il mutamento non è stato meno notevole in quegli sbocchi, dai quali i prodotti de' mestieri e delle fornaci inglesi si diffondono per tutto l'universo. Ai dì nostri, Liverpool contiene circa trecento mila abitatori. Le imbarcagioni registrate nel suo porto ascendono a quattro o cinquecento mila tonnellate. Nel suo ufficio di dogana si è più volte pagata in un anno una somma tre volte maggiore della intera entrata della Corona d'Inghilterra nel 1685. Il danaro che incassa il suo ufficio postale, sorpassa la somma che la posta di tutto il Regno rendeva al Duca di York. Gli infiniti docchi o bacini, gli scali, i magazzini suoi, si annoverano fra le maraviglie del mondo; e nondimeno, appena sembrano bastare al gigantesco traffico del Mersey; e già una città rivale sorge rapidamente sul lido opposto. Nel tempo di Carlo II, Liverpool veniva descritta come una città risorgente, che aveva pur allora fatti grandi progressi, e manteneva proficue comunicazioni con la Irlanda e le colonie dove manifatturavasi lo zucchero. Le dogane in sessanta anni eransi accresciute d'otto volte, e rendevano quindici mila lire sterline l'anno; somma allora riputata immensa. Ma la popolazione appena doveva passare le quattro migliaia: le imbarcagioni facevano circa mille e quattrocento tonnellate, meno del tonnellaggio di un solo legno indiano di prima classe del tempo presente: e il numero de' marinai appartenenti al porto, non può estimarsi a più di duecento(136).
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