Dubitò poscia di avere fatto uso d'un linguaggio troppo severo per un cristiano presso a morire, ed in un foglio separato, pregò i suoi amici a cancellare ciò ch'egli aveva detto di quegli uomini. "Soltanto è d'uopo ch'io confessi" aggiunse egli, con tono mansueto "che essi erano irrefrenabili."
La più parte delle sue ore estreme ei passò con molta divozione orando, o conversando affettuosamente con alcuni de' suoi. Non mostrò pentirsi della sua ultima impresa, ma deplorò con somma emozione d'essersi in prima mostrato compiacente nelle cose religiose alla volontà del Governo. Disse che Iddio lo puniva meritamente. Chi per tanto tempo era stato colpevole di codardia e dissimulazione, era indegno d'essere lo strumento di salvazione per lo Stato e la Chiesa. Nondimeno, spesso ripeteva, la causa per la quale egli aveva combattuto, essere la causa di Dio, e dovere sicuramente trionfare. "Non intendo d'esser profeta. Ma ho in cuore un forte presentimento, che il dì della liberazione è presso a spuntare." Non è cosa strana che molti zelanti Presbiteriani avessero impressi nella propria mente i detti di lui, e gli avessero poi attribuiti a ispirazione divina.
La fede e la speranza religiosa, congiunte al coraggio ed alla tranquillità naturale della mente, avevano con tanta efficacia ricomposto il suo spirito nel dì in cui egli doveva morire, che desinò con appetito, fu gaio nel conversare, e, finito il pranzo, si distese, secondo aveva costume, onde con un breve ristoro di sonno il corpo e la mente si trovassero in pieno vigore nel momento ch'egli doveva salire sul palco.
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