In quell'intervallo di tempo, chiese penna e calamaio e scrisse a sua moglie. "Cuor mio! Dio è immutabile. Egli mi è stato sempre largo di bontà e di grazia; e non v'è luogo che me ne privi. Perdona a tutti i falli miei; e consolati in lui, nel quale soltanto è da trovarsi ogni consolazione. Il Signore sia teco, e ti benedica e ti conforti, o mia cara. Addio."
XXII. Era giunto il momento di partire dal Palagio del Consiglio. I sacerdoti che assistevano il prigioniero, non erano della sua medesima religione; ma li ascoltò cortesemente, e gli esortò a premunire il gregge loro affidato contro quelle dottrine che tutte le Chiese protestanti concordemente condannavano. Salì sul palco, dove la vecchia rozza guigliottina di Scozia, chiamata la Damigella (the Maiden), lo aspettava; e rivolse al popolo un discorso, tessuto del frasario speciale della sua setta, ma imbevuto dello spirito d'una pietà tranquilla. Disse come egli perdonasse i suoi nemici, dai quali sperava d'essere perdonato. Una sola acre espressione gli uscì dal labbro. Uno de' sacerdoti episcopali che lo assistevano, si fece in sull'orlo del palco, e gridò: "Milord muore Protestante." - "Sì!" disse il Conte, spingendosi avanti, "sì! e non solo Protestante, ma acerrimo odiatore del papismo e della prelatura e d'ogni superstizione." Allora abbracciò i suoi amici, pose nelle loro mani alcuni ricordi perchè li recassero alla consorte e ai figli suoi, s'inginocchiò, chinò la testa sul ceppo, orò brevemente, e fece segno al carnefice.
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