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      Era stato assicurato da agenti che dicevano di saperlo da Wildman, come tutta l'aristocrazia Whig agognasse a correre alle armi. Ciò non ostante, era scorsa più d'una settimana da che la sua bandiera era stata inalberata in Lyme. I lavoranti, i piccoli fattori, i bottegai coi loro giovani, i predicatori dissenzienti, erano corsi in folla al campo de' ribelli; ma nè anche un solo Pari, o baronetto, o cavaliere, o membro della Camera de' Comuni, tranne qualche scudiere di sì poca importanza da non essere mai stato commissario di pace, erasi congiunto con gl'invasori. Ferguson, il quale fino dalla morte di Carlo era sempre stato l'angiolo malvagio di Monmouth, trovò lì pronto il consiglio. Il Duca, evitando di assumere il titolo di Re, erasi messo in una falsa postura. Se si fosse dichiarato sovrano d'Inghilterra, la sua causa avrebbe avuto sembiante di legalità. Adesso era impossibile conciliare il suo Manifesto coi principii della Costituzione. Era chiaro che o Monmouth o il suo zio era il Re legittimo. Monmouth non si rischiò a chiamarsi Re legittimo, e nondimeno negava che il suo zio lo fosse. Coloro che stavano per Giacomo, pugnavano per il solo uomo il quale s'era avventurato a pretendere al trono; e però, secondo le leggi del reame, facevano il proprio debito. Coloro che parteggiavano per Monmouth, combattevano per un sistema politico ignoto, che era da stabilirsi da una Convenzione non ancora esistente. Non è meraviglia che gli uomini cospicui per grado ed opulenza, si tenessero alieni da una intrapresa che minacciava distruggere quel sistema, nella cui durata essi avevano cotanto interesse.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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