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      Monmouth non era mai stato accusato di codardia; e quand'anche avesse avuto difetto di coraggio naturale, si sarebbe sperato che in quella estremità gliene dessero la disperazione e l'orgoglio. A lui erano rivolti gli occhi di tutto il mondo. La più tarda posterità avrebbe saputo come egli, in quel solenne momento, si fosse condotto. Verso i valorosi contadini dell'occidente egli era in debito di mostrare, che essi non avevano sparso il proprio sangue per un capo indegno del loro affetto. Verso colei che aveva tutto sacrificato per amor suo, egli era in debito di mostrarsi in guisa, che ella, dovendo piangere di lui, non ne avesse ad arrossire. Non era degno di lui il lamentarsi o il supplicare. Oltredichè, la propria ragione gli avrebbe dovuto addimostrare, essere vano ogni lamento ed ogni preghiera. A ciò ch'egli aveva fatto, non potea esservi perdono. Trovavasi fra gli artigli di un uomo che non perdonava giammai.
      Ma la forza d'animo di Monmouth non era di quella specie che nasce dalla riflessione e dal rispetto di sè; nè la natura gli aveva largito uno di que' cuori robusti, da' quali nè avversità nè pericolo valgono a strappare un segno di debolezza. Il suo coraggio innalzavasi e cadeva coi suoi spiriti animali. Nel campo di battaglia lo sostenevano lo eccitamento dell'azione, la speranza della vittoria, e la misteriosa potenza dell'esempio altrui. Tutti cotesti sostegni adesso più non erano. L'idolo della Corte e della plebe, avvezzo ad essere amato e adorato dovunque si fosse mostrato, ora vedevasi cinto da rigidi carcerieri, negli occhi de' quali ei leggeva la propria sorte.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





Monmouth Corte