XLVIII. Monmouth e Grey rimasero due giorni in Ringvood. Furono poi menati a Londra, sotto la guardia di un grosso corpo di milizie regolari e civiche. Nel cocchio del Duca era un ufficiale, che aveva ordine di pugnalarlo se si fosse tentato di liberarlo. In ogni città giacente lungo il cammino, stavano schierati i militi cittadini delle vicinanze, sotto il comando de' precipui gentiluomini. La marcia durò tre giorni fino a Wauxhall, dove un reggimento comandato da Giorgio Legge, Lord Dartmouth, era apparecchiato a ricevere i prigionieri. I quali furono posti in una barca, e pel fiume condotti a Whitehall Stairs. Lumley e Portman guardarono a vicenda giorno e notte il Duca, finchè lo ebbero messo dentro il Palazzo(511).
Il contegno di Monmouth e quello di Grey nel viaggio, riempirono di ammirazione chiunque li vedeva. Monmouth era affatto prostrato. Grey non solo era tranquillo, ma brioso; parlava piacevolmente di cavalli, di cani, di cacce, e alludeva perfino scherzevolmente al pericolo in cui trovavasi.
Il Re non è da biasimarsi d'avere dannato Monmouth a morire. Chiunque si faccia capo d'una ribellione contro un Governo stabilito, rischia la vita sull'esito di quella; e la ribellione era la parte minore de' delitti di Monmouth. Egli aveva dichiarato contro il proprio zio una guerra a morte. Nel manifesto promulgato in Lyme, aveva condannato Giacomo alla esecrazione come incendiario, come assassino, che aveva strangolato un uomo innocente e mozzo il capo ad un altro, e infine come avvelenatore del proprio fratello.
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