Pagina (803/1707)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      È facile comprendere perché il Cattolico Romano venisse trattato con meno indulgenza di quella che usavasi ad uomini i quali non credevano nella dottrina de' Padri di Nicea, e anche a coloro che non erano stati ammessi nel grembo della Fede Cristiana. Era fra gl'Inglesi fortissima la convinzione che il Cattolico Romano, sempre che si trattava dell'interesse della propria religione, si credesse sciolto da tutti gli ordinarii dettami della morale; che anzi reputasse meritorio violarli, se, così facendo, poteva liberare dal danno o dal biasimo la Chiesa di cui egli era membro.
      Nè questa opinione era priva d'una certa apparenza di ragione. Era impossibile negare, che varii celebri casuisti cattolici romani avessero scritto a difesa del parlare equivoco, della restrizione mentale, dello spergiuro, e perfino dell'assassinio. Nè, come dicevasi, le speculazioni di cotesta odiosa scuola di sofisti erano state sterili di frutti. La strage della festività di San Bartolommeo, lo assassinio del primo Guglielmo d'Orange, quello d'Enrico III di Francia, le molte congiure macchinate a' danni d'Elisabetta, e sopra tutte quella delle polveri, venivano di continuo citate come esempii della stretta connessione tra la viziosa teoria e la pratica viziosa. Allegavasi, come ciascuno di cotali delitti fosse stato suggerito e lodato da' teologi cattolici romani. Le lettere che Eduardo Digby scrisse dalla Torre col succo di limone alla propria moglie, erano state di fresco pubblicate, e citavansi spesso.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





Cattolico Romano Padri Nicea Fede Cristiana Inglesi Cattolico Romano Chiesa San Bartolommeo Guglielmo Orange Enrico III Francia Elisabetta Eduardo Digby Torre