Quale condizione sarebbe stata più critica che quella di trovarsi ondeggiante tra due doveri egualmente sacri, tra due affetti egualmente fervidi? Come poteva egli rendere a Cesare ciò ch'era di Cesare, e non negare a Dio parte di ciò ch'era di Dio? Nessuno che avesse siffattamente sentito, poteva mirare, senza profondo timore e neri presentimenti, il contrasto tra il Re e il Parlamento intorno all'Atto di Prova. Se Giacomo anche ora si fosse indotto a ripensare sul proprio disegno, a lasciare riaprire le Camere, e cedere ai desiderii loro, tutto poteva rivolgersi a bene.
Così opinavano i due cognati del Re, i Conti cioè, di Clarendon e di Rochester. La potenza e il favore che godevano questi gentiluomini, sembrava veramente grande. Il più giovane de' fratelli era Lord Tesoriere e primo ministro; il maggiore, dopo di avere per alquanti mesi tenuto il Sigillo Privato, era stato nominato Luogotenente d'Irlanda. Il venerando Ormond pensava medesimamente. Middleton e Preston, che, come dirigenti la Camera de' Comuni, avevano di recente sperimentato quanto cara fosse a' gentiluomini realisti d'Inghilterra la religione stabilita, davano consigli di moderazione.
In sul principio del nuovo anno, i sopraddetti uomini di Stato, e il numeroso partito da essi rappresentato, ebbero a patire una crudele mortificazione. Che il Re defunto fosse Cattolico Romano, era stato per molti mesi sospettato e bisbigliato, ma non annunziato formalmente. Tale manifestazione non si sarebbe potuta fare senza grave scandalo.
| |
Cesare Cesare Dio Dio Parlamento Atto Prova Giacomo Camere Conti Clarendon Rochester Lord Tesoriere Sigillo Privato Luogotenente Irlanda Ormond Preston Camera Comuni Inghilterra Stato Cattolico Romano
|