Le quali scritture Giacomo mostrò, menandone trionfo, a parecchi Protestanti, e dichiarò sapere che il suo fratello era vissuto e morto Cattolico Romano(620). Uno di coloro ai quali i manoscritti furono mostrati, fu lo arcivescovo Sancroft. Li lesse grandemente commosso, e rimase tacito. Tale silenzio era solo lo effetto naturale di una lotta tra la riverenza e la repugnanza. Ma Giacomo suppose che il Primate tacesse per la forza irresistibile della ragione, e seriamente lo sfidò a produrre, col soccorso di tutto il seggio episcopale, una soddisfacente risposta. "Datemi una risposta solida e in istile da gentiluomini; e forse potrà far sì, secondo che molto vi sta a cuore, di convertirmi alla vostra Chiesa." Lo arcivescovo dolcemente rispose, che, secondo lui, cotale risposta poteva farsi senza molta difficoltà; ma non accettò la controversia, adducendo per iscusa la riverenza alla memoria del suo defunto signore. Il Re considerò la scusa come un sutterfugio d'un vinto avversario(621). Se egli avesse conosciuta la letteratura polemica de' centocinquanta anni precedenti, avrebbe saputo che i documenti ai quali ei dava tanto peso, gli avrebbe potuti comporre ogni giovinetto di quindici anni della scuola di Doaggio, e che non contenevano cosa alcuna, la quale, secondo l'opinione di(622) tutti i teologi protestanti, non fosse stata dieci mila volte confutata. Nella sua stolta esultanza, ordinò che quegli scritti si stampassero col più squisito lusso tipografico, e vi appiccicò dietro una dichiarazione munita della sua firma, ad attestare che gli originali erano scritti di pugno del fratello.
| |
Giacomo Protestanti Cattolico Romano Sancroft Giacomo Primate Chiesa Doaggio
|