Ma nč fanatismo, nč ambizione, nč rancore di torti patiti, nč ebrietā prodotta dalla súbita buona fortuna, poterono far sė che i pių cospicui Cattolici Romani non si accorgessero come la prosperitā che finalmente erano pervenuti a godere, fosse solo temporanea, e non usata saggiamente, potrebbe tornar loro fatale. Avevano con dura esperienza imparato, che l'avversione del popolo alla religione loro non era fantasia che sarebbe svanita al comando d'un principe, ma profondo sentimento, tramandato crescendo per cinque generazioni, spanto(624) in tutte le classi e in tutti i partiti, e avvincolato non meno strettamente coi principii de' Tory che con quelli de' Whig. Certo, il Re poteva, nello esercizio della sua prerogativa di far grazia, sospendere le leggi penali. Avrebbe in appresso potuto, operando con discrezione, ottenere dal Parlamento la revoca de' decreti che privavano de' diritti civili gli aderenti alla religione di lui. Ma tentando di domare il sentimento protestante della Inghilterra con mezzi bruschi, era facile vedere che la violenta compressione d'una molla cosė potente ed elastica, sarebbe seguita da uno scatto egualmente violento. I Pari Cattolici Romani, tentando prematuramente di entrare a forza nel Consiglio Privato e nella Camera de' Lordi, avrebbero potuto perdere le case e le vaste possessioni loro, e finire la vita o da traditori in Tower Hill, o da mendicanti alle porte de' conventi d'Italia.
Cosė pensava Guglielmo Herbert, conte di Powis, generalmente considerato come capo della aristocrazia cattolica romana, il quale, secondo le fandonie di Oates, doveva essere primo ministro se la congiura papale sortiva prospero successo.
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