A dir vero, egli non era assuefatto a porgere ascolto alla ragione. Il suo modo d'argomentare, se così si debba chiamare, era quello che non di rado s'osserva negli individui tardi di cervello e caparbi, avvezzi ad essere circuiti dai loro sottoposti. Asseriva una cosa; e qualvolta i savi uomini provavansi di mostrargli rispettosamente essere erronea, l'asseriva di nuovo con le stessissime parole, e pensava che così facendo tutte le obiezioni sparissero(634). "Non farò mai concessioni" spesso ei ripeteva; "mio padre le fece, e gli fu mozzo il capo(635)." Se fosse stato vero che le concessioni erano tornate fatali a Carlo I, un uomo di buon senso avrebbe conosciuto, un solo esperimento non essere bastevole a stabilire una regola generale anche nelle scienze molto meno complicate di quella di governare; che dal principio del mondo fino a noi, non vi furono mai due fatti politici, le cui condizioni fossero esattamente simili; e che l'unico modo d'imparare dalla storia prudenza civile, è quello di esaminare e raffrontare un infinito numero di casi. Ma se l'unico esempio sul quale appoggiavasi il Re, era buono a provare alcuna cosa, provava solo ch'egli aveva torto. Mal può dubitarsi che, se Carlo avesse francamente fatte al Corto Parlamento, che si ragunò nella primavera del 1640, solo mezze le concessioni ch'egli, pochi mesi dopo, fece al Lungo Parlamento, sarebbe vissuto e morto da Re potentissimo. Dall'altro canto, non può punto dubitarsi che, se egli avesse ricusato di fare concessione alcuna al Lungo Parlamento, e avesse ricorso alle armi a difesa della imposta pel mantenimento della flotta, e a difesa della Camera Stellata, avrebbe veduto nelle file degli inimici Hyde e Falkland accanto a Hollis e Hampden.
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