LXIII. Giunse da Londra al Consiglio Privato una lettera, nella quale erano appieno dichiarati gl'intendimenti del Re. Ei voleva che i Cattolici Romani fossero esenti dalle leggi che imponevano pene e incapacità civili a coloro che non si uniformassero alla religione dello Stato; voleva, inoltre, che si perseguissero senza pietà i Convenzionisti(719). Ciò incontrò grave opposizione in Consiglio. Alcuni non amavano vedere rilassate le leggi esistenti. Altri, che a ciò non erano punto contrari, sentivano ancora quanto sarebbe stato mostruoso ammettere i Cattolici Romani alle dignità dello Stato, e frattanto non revocare l'Atto che puniva di morte chiunque intervenisse ad un conventicolo presbiteriano. La risposta del Consiglio, quindi, non fu, secondo l'usato, ossequiosa.
LXIV. Il Re riprese severamente gl'irriverenti consiglieri, e ordinò che tre di loro, cioè il Duca di Hamilton, Sir Giorgio Lockhart e il Generale Drummond, si recassero a Westminster presso lui. L'abilità e la istruzione di Hamilton, quantunque non fossero tali da bastare a trarre un uomo dall'oscurità, sembravano altamente rispettabili in uno che era primo Pari di Scozia. Lockhart era stato da lungo tempo considerato come uno de' principali giureconsulti, logici, ed oratori che fossero mai stati nella sua patria, e godeva anche quella specie di stima che deriva dalle vaste possessioni; perocchè la sua opulenza era quale a que' tempi pochi de' nobili scozzesi possedevano(720). Era stato, da ultimo, fatto Presidente della Corte di Sessione.
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