Lady Dorchester era ritornata da Dublino, e nuovamente divenuta concubina del Re. Politicamente il suo ritorno non era d'alcuna importanza. Aveva imparato per propria esperienza, essere stoltezza ogni prova di salvare il suo amante dalla distruzione a cui correva diritto. E però lasciò che i Gesuiti lo guidassero nella condotta politica. Nondimeno, ella era la sola di parecchie donne abbandonate, che a quel tempo dividesse con la Chiesa Cattolica l'impero nel cuore di lui(780). Sembra ch'ei pensasse di fare ammenda di aver trascurata la salute dell'anima propria, dandosi cura delle anime altrui. Si pose, adunque, ad operare con sincera volontà, ma con la volontà d'un animo aspro, severo ed arbitrario, per la conversione del suo cognato. In ogni udienza accordata al Tesoriere, il tempo era speso ad argomentare intorno all'autorità della Chiesa ed al culto delle immagini. Rochester aveva fermo in cuore di non abiurare la propria religione; ma non pativa scrupoli a ricorrere, per difendersi, ad artifici disonorevoli al pari di quelli che altri aveva adoperati ad offenderlo. Simulava di parlare come uomo che ondeggi nel dubbio, mostrava desiderio di essere illuminato ove si trovasse nell'errore, si faceva prestare libri papisti, ed ascoltava cortesemente i teologi papisti. Ebbe vari colloqui con Leyburn vicario apostolico, con Godden cappellano e limosiniere della Regina vedova, e con Bonaventura Giffard, teologo educato alla polemica nelle scuole di Doaggio. Fu stabilito che vi sarebbe una disputa formale tra cotesti dottori ed alcuni ecclesiastici protestanti.
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