Mentre egli era ancora fanciullo, la sua patria era stata aggredita da Luigi, sfidando con ostentazione la giustizia e il diritto pubblico; era stata corsa, devastata, ed abbandonata ad ogni eccesso di ladroneria, di licenza e di crudeltà. Gli Olandesi sgomenti, s'erano umiliati dinanzi all'orgoglioso vincitore, chiedendo mercè. Era stato loro risposto, che ove desiderassero ottenere la pace, era mestieri rinunciare alla indipendenza, e rendere ogni anno omaggio alla Casa de' Borboni. L'oltraggiata nazione, disperando d'ogni altro umano argomento, aveva aperte le sue dighe, chiamando in soccorso le onde marine contro la tirannia francese. E' fu nelle angosce di quel conflitto, allorquando i contadini tremebondi fuggivano dinanzi agli invasori, centinaia di ameni giardini e di ville erano sepolte sotto le acque, le deliberazioni del Senato erano interrotte dagli svenimenti e dal pianto de' vecchi senatori, i quali non potevano sopportare il pensiero di sopravvivere alla libertà ed alla gloria della loro terra natia; e' fu in que' terribili giorni, che Guglielmo fu chiamato a capo dello Stato. Per alcun tempo la resistenza gli parve impossibile. Cercava da per tutto soccorso, e lo cercava invano. Spagna era snervata, Germania conturbata, Inghilterra corrotta. Null'altro partito sembrava rimanere al giovine Statoldero, che quello di morire con la spada in pugno, o farsi lo Enea d'una grande emigrazione, e creare un'altra Olanda in contrade inaccessibili alla tirannia della Francia.
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