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      XII. Col filo che adesso abbiamo tra le mani, potremo senza difficoltà rintracciare la via dritta in effetto, sebbene in apparenza talvolta tortuosa, ch'egli prese verso le nostre interne fazioni. Chiaramente vedeva (ciò che non era sfuggito agli occhi di uomini meno sagaci di lui) come la impresa alla quale egli con tutta l'anima intendeva, potesse avere probabilità di prospero successo con la Inghilterra amica, d'esito incerto con la Inghilterra neutrale, e di disperatissimo fine ove la Inghilterra agisse come aveva agito ai tempi della Cabala. Con non minore chiarezza, vedeva che tra la politica estera e la interna del Governo Inglese v'era stretta connessione; che il sovrano del nostro paese, operando d'accordo col Parlamento, deve sempre di necessità esercitare grande influenza negli affari della Cristianità, e deve anche avere un evidente interesse di avversare lo indebito ingrandimento d'ogni potentato continentale; che, dall'altro canto, il sovrano privo della fiducia del Parlamento e impedito nella sua via, non può avere se non poco peso nella politica europea, e che quel poco peso potrebbe anche gettarsi tutto nel lato nocivo della bilancia. Il principe, adunque, desiderava massimamente la concordia fra il Trono e il Parlamento. Il modo di stabilirla, e quale delle due parti dovesse fare concessioni all'altra, erano, secondo lui, cose d'importanza secondaria. Avrebbe gradito, senza alcun dubbio, di vedere una piena riconciliazione senza il sacrificio d'un briciolo della regia prerogativa; perocchè alla integrità di quella egli aveva diritto di reversibilità; ed egli, per indole, era cupido di potere e intollerante di freno, almeno quanto qualunque degli Stuardi.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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