Il primo appartiene alle menti inchinevoli a venerare ciò che è vecchio: il secondo alle menti corrive ad ammirare ciò che è nuovo. L'uno può sempre osservarsi ne' ragionamenti de' politici conservatori intorno alle questioni de' loro tempi; l'altro, nelle speculazioni degli scrittori della scuola liberale sempre che discutono intorno ai fatti d'un età trascorsa. Quello è più pernicioso in un uomo di Stato; questo in uno storico.
Non è agevole a chi, ne' tempi nostri, imprende a trattare della rivoluzione che detronizzò gli Stuardi, tenersi fermamente per lo diritto mezzo fra cotesti due estremi. La questione se i membri della Chiesa Cattolica Romana potevano senza pericolo ammettersi al Parlamento e agli uffici, perturbò la patria nostra, regnante Giacomo II; quietò alla caduta di lui; e dopo d'essere rimasta sopita per più d'un secolo, fu ridestata da quel grande concitamento dello spirito umano, dopo il ragunarsi della Assemblea Nazionale in Francia. Pel corso di trenta anni, la contesa progredì in ambedue le Camere del Parlamento, in ogni collegio elettorale, in ogni cerchio sociale. Distrusse ministeri, sgominò partiti; in una parte dello Impero rese impossibile ogni specie(868) di Governo; e in fine ci condusse all'orlo d'una guerra civile. Anche terminata la lotta, le passioni che ne erano nate, continuarono ad infuriare. Era pressochè impossibile a chiunque avesse la mente dominata da cotali passioni, il vedere nella loro vera luce gli eventi degli anni 1687 e 1688.
Parecchi uomini politici, muovendo da questa retta sentenza, che la Rivoluzione è stata un gran bene alla patria nostra, giunsero alla falsa conclusione, che non si poteva senza pericolo abolire nessuno Atto di Prova, cui gli uomini di Stato della Rivoluzione avevano creduto necessario d'imporre, a fine di proteggere la religione e la libertà nostra.
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