Siffatte somme non erano state mai rese, e computatovi i frutti, ammontavano ad una somma maggiore della immensa multa imposta dalla Corte del Banco del Re. Vi era altra ragione che sembra avere avuto agli occhi di Giacomo maggior peso che la rimembranza de' servigi resi al trono. Forse sarebbe stato mestieri convocare il Parlamento, e credevasi che allora Devonshire avrebbe prodotto un ricorso contro la sentenza per difetto di forma. Il punto, intorno al quale egli intendeva di appellarsi contro la sentenza del Banco del Re, riferivasi ai privilegi della paria. Il tribunale che doveva di ciò giudicare era la Camera de' Pari; e così essendo, la Corte non poteva essere sicura neppure del voto dei più cortigiani fra' nobili. Non era dubbio alcuno che la sentenza verrebbe annullata, e che il Governo per volere abbracciar troppo perderebbe ogni cosa cosa. E però Giacomo inchinava a venire a patti. A Devonshire fu fatto sapere che ove egli firmasse una scritta d'obbligo di trenta mila sterline, e in tal guisa si precludesse la vita a intentare un'azione per difetto di forma, sarebbe liberato di prigione, e dipenderebbe dalla sua futura condotta l'uso da farsi di cotale documento. S'egli votasse a favore della potestà di dispensare, non se ne parlerebbe altrimenti; ma s'egli amasse meglio di mantenere la propria popolarità, gli si farebbe pagare trenta mila lire sterline. Ei ricusò, per qualche tempo, di consentire a tale proposta; ma divenutagli insopportabile la prigionia, firmò la scritta d'obbligo e fu scarcerato: e comecchè consentisse a gravare di tal pesante carico il suo patrimonio, nulla potè indurlo a promettere d'abbandonare il partito e i principii suoi.
| |
Corte Banco Giacomo Parlamento Devonshire Banco Camera Pari Corte Governo Giacomo Devonshire
|