Parimente provossi ad intimidirlo, dicendo il collegio correre a certa rovina; il Re essere grandemente corrucciato; il caso potere farsi, come da tutti generalmente credevasi, gravissimo; non esservi fanciullo il quale non pensasse che Sua Maestà voleva fare a suo modo, e non avrebbe sofferto di essere avversata. Per le quali cose Penn esortava i Convittori a non confidare nella rettitudine della loro causa, ma a sottomettersi, o almeno a temporeggiare. Tali consigli parvero stranissimi sulle labbra d'un uomo, il quale era stato espulso dalla Università per avere suscitato un tumulto in occasione della cotta da prete, il quale aveva corso pericolo d'essere diseredato più presto che far di cappello ai principi del sangue, ed era stato più volte messo in carcere per avere arringato nelle conventicole. Non gli riuscì di intimorire i Convittori della Maddalena. I quali rispondendo ai suoi ammonimenti rammentarongli come nella passata generazione trentaquattro sopra quaranta Convittori avevano lietamente abbandonato i loro diletti chiostri e giardini, la sala, la cappella, andando alla ventura senza tetto nè pane, piuttosto che violare il giuramento di fedeltà al legittimo Sovrano. Il Re adesso volendoli costringere a rompere un altro giuramento, si sarebbe accorto che l'antico coraggio non era spento nel Collegio della Maddalena.
Allora Penn provò maniere più dolci. Ebbe un colloquio con Hough e alcuni de' Convittori, e dopo molte proteste di simpatia ed amicizia cominciò ad accennare ad un compromesso.
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