Taluni di loro s'erano piaciuti di mostrare la dottrina della non-resistenza in una forma cotanto esagerata da scandalizzarne il buon senso del genere umano. Spesso e con veemenza notavano che Nerone era capo del Governo Romano, mentre San Paolo inculcava il debito d'ubbidire ai magistrati. La conseguenza che ne deducevano era, che se un Re inglese, senza autorità di legge ma a suo libito, perseguitasse i propri sudditi ripugnanti ad adorare gli idoli; se li gettasse fra mezzo ai leoni nella Torre; se, coprendoli d'una veste di pece, gli bruciasse per illuminare il Parco di San Giacomo, e procedesse con siffatte stragi fino a lasciare intere città e Contee senza un solo abitante, i sopravviventi sarebbero tuttavia tenuti a sottomettersi, e lasciarsi sbranare o arrostire vivi senza opporre la più lieve resistenza. Gli argomenti addotti a sostenere cotesta sentenza erano futilissimi; ma al difetto di solidi argomenti suppliva l'onnipotente sofisticare dello interesse e della passione. Molti scrittori si sono maravigliati che gli alteri Cavalieri d'Inghilterra potessero mostrarsi caldi difensori per la più servile dottrina che sia mai stata fra gli uomini. Vero è che essa in principio era pel Cavaliere tutt'altro che servile; per l'opposto tendeva a renderlo non schiavo, ma libero e signore di sè; lo esaltava esaltando il Re ch'egli considerava suo protettore, suo amico, e capo del suo diletto partito e della sua dilettissima Chiesa. Mentre i Repubblicani dominavano, il Realista aveva sofferto danni ed insulti, de' quali, mercè la restaurazione del governo legittimo, egli aveva potuto prendersi la rivincita.
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