Ma siffatta regola non v'è stata nè vi sarà mai. Dire che la ribellione fosse legittima, date certe circostanze, senza esattamente definirle, era come si dicesse che a ciascuno era lecito ribellarsi tutte le volte che lo reputasse opportuno; ed una società nella quale ciascuno potesse ribellarsi ogni qual volta lo reputasse opportuno, sarebbe più infelice d'una società governata dal più crudele e sfrenato despota. Era quindi mestieri di mantenere in tutta la sua interezza il gran principio della non-resistenza. Forse potevano addursi casi peculiari ne' quali la resistenza tornasse utile ad un popolo: ma generalmente era meglio che un popolo tollerasse con pazienza un cattivo governo, anzi che alleggiarsi violando una legge dalla quale dipendeva la sicurtà d'ogni governo.
Cotesti ragionamenti di leggieri potevano persuadere un partito dominante e felice, ma non potevano sostenere lo esame di cervelli fortemente concitati dalla ingiustizia e ingratitudine del principe. Egli è vero che è impossibile stabilire lo esatto confine fra la resistenza legittima e la illegittima: ma tale impossibilità sorge dalla natura stessa del diritto e del torto, e si trova pressochè in ciascuna parte della Scienza Morale. Una buona azione non è distinta da una cattiva coi segni chiari che distinguono una figura esagona da una quadra. V'è un punto in cui la virtù e il vizio si confondono insieme. E chi ha potuto mai additare con esattezza il limite tra il coraggio e la temerità, tra la prudenza e la codardia, tra la liberalità e la prodigalità? Chi ha potuto mai dire fino a che punto debba giungere la mercè verso gli offensori, e quando cessi di meritare tal nome e diventi perniciosa debolezza?
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Scienza Morale
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