Quale casista o legislatore ha potuto mai rettamente definire i confini del diritto della propria difesa? Tutti i nostri giureconsulti sostengono che una certa misura di pericolo di vita o di perdita di membra giustifica un uomo ad uccidere l'aggressore: ma hanno disperato di poter descrivere con precisi vocaboli, quanta e quale debba essere la misura del pericolo. Dicono soltanto che non debba essere lieve pericolo; ma un pericolo tale che dia grave timore ad un uomo di spirito fermo; e chi oserebbe dire quale sia questo timore che meriti d'essere chiamato grave, o qual sia la precisa tempra dello spirito che meriti il nome di fermo? Senza dubbio è cosa increscevole che l'indole de' vocaboli e quella delle cose non ammettano leggi più accurate: nè è da negarsi che male possono operare gli uomini qualvolta sono giudici in causa propria, e procedere con subito impeto alla esecuzione del proprio giudicio. E nulladimeno chi per ciò interdirebbe(1049) la propria difesa? Il diritto che ha un popolo di resistere ad un cattivo governo, ha stretta analogia col diritto che un individuo, privo di protezione legale, ha ad uccidere lo aggressore. In ambi i casi il male deve essere grave. In ambi i casi ogni regolare e pacifico modo di difesa deve essere esaurito pria che la parte offesa si appigli ad un partito estremo. In ambi i casi s'incorre in terribile responsabilità. In ambi i casi la prova grava sulla coscienza di colui che s'appiglia ad uno espediente sì disperato; ed ove non riesca a difendersi, va giustamente soggetto alla più severe pene.
| |
|