Costoro avevano scelto di essere annoverati fra' sudditi suoi, e nessun potentato straniero aveva diritto a sindacarlo intorno al modo di trattarli. I magistrati d'Amsterdam naturalmente sdegnaronsi della spregiante ingratitudine del Principe al quale con ardore e senza ombra di scrupolo avevano servito contro l'opinione universale de' loro concittadini. Alla già riferita tenne dietro, poco dipoi, un'altra provocazione che fu più profondamente sentita. Luigi cominciò a far guerra al loro commercio. Dapprima con un editto proibì la importazione delle aringhe ne' suoi dominii. Avaux s'affrettò a scrivere alla sua Corte che un simigliante passo aveva destato indignazione e timore, che sessantamila persone vivevano con la pesca delle aringhe, e che gli Stati probabilmente adotterebbero qualche provvedimento di rappresaglia. Gli fu risposto che il Re era deliberato non solo a persistere, ma ben anco ad accrescere i dazi su molte mercanzie delle quali la Olanda faceva lucroso traffico con la Francia. La conseguenza di cotesti errori commessi in onta a ripetuti ammonimenti, e, a quanto sembra, per ebbrezza di caparbietà, fu, che nel momento in cui il voto d'un solo potente membro della Batava Federazione avrebbe potuto impedire un evento fatale a tutta la politica di Luigi, tal voto non osò manifestarsi. Lo Ambasc
iatore con tutta la sua arte invano si studiò di raggranellare quel partito, col cui soccorso, per vari anni era riuscito a tenere in freno lo Statoldero.
XX. L'arroganza ed ostinazione del signore frustrava tutti gli sforzi del servo; il quale finalmente fu costretto ad annunziare a Versailles che non era più da confidare nella città d'Amsterdam da sì gran tempo amica della Francia, che alcuni de' bene intenzionati temevano per la loro religione, e che i pochi i quali ancora si mantenevano fermi non potevano rischiarsi a significare i loro intendimenti.
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