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      Erano stati forte ripresi, minacciati, imprigionati, processati, e a mala pena avevano scansata la estrema rovina. La nazione in fine, vedendo il diritto soverchiato dalla forza, e perfino le supplicazioni reputarsi delitto, cominciò a pensare al modo di commettere le proprie sorti all'esito d'una guerra. L'oppressore seppe essere pronto un liberatore armato, il quale sarebbe di gran cuore accolto da' Whig e dai Tory, dai Dissenzienti e dagli Anglicani. E tutto cangiossi in un attimo. Quel governo che aveva rimeritato i suoi servitori fidi e costanti con la spoliazione e la persecuzione, quel governo che alle solide ragioni ed alle commoventi preghiere aveva risposto con le ingiurie e gl'insulti, si fece in un istante stranamente mite. La Gazzetta in ciascun suo numero annunziava la riparazione di qualche ingiustizia. Allora chiaramente si conobbe che non era da porre fede nella equità, nell'umanità, nella solenne parola del Re, e che egli avrebbe governato bene finchè esisteva il timore della resistenza. I suoi sudditi, quindi, non erano punto disposti a ridargli quella fiducia ch'egli aveva giustamente perduta, o a mitigare la pressura che sola gli aveva strappato dalle mani i pochi buoni atti da lui fatti in tutto il tempo del suo regnare. Cresceva sempre in cuore di tutti l'ardente desiderio dello arrivo degli Olandesi. La plebe aspramente imprecava e malediva ai venti che in quella stagione ostinatissimi spiravano da ponente, e impedivano che l'armata del Principe salpasse, e a un tempo portavano nuovi soldati irlandesi da Dublino a Chester.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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