Halifax, Clarendon e Nottingham trovavansi in Londra, e vennero tosto chiamati al Palazzo e interrogati. Halifax, comechè fosse conscio della propria innocenza, in prima rifiutò di rispondere. "Vostra Maestà" disse egli "mi chiede se io sia reo di crimenlese. Se sono sospettato, mi traduca dinanzi ai miei Pari. E come può la Maestà Vostra riposare sulla risposta d'un colpevole che si veda in pericolo di vita? Quando anche io avessi invitato il Principe, senza il minimo scrupolo risponderei: Non sono colpevole." Il Re disse che non credeva Halifax reo, e che gli aveva fatta quella dimanda come un gentiluomo chiede ad altro gentiluomo calunniato se vi sia il minimo fondamento alla calunnia. "In questo caso" rispose Halifax "non ho difficoltà ad assicurarvi, come gentiluomo che parli a gentiluomo, sul mio onore, che è sacro quanto il mio giuramento, che non ho invitato il Principe d'Orange(1142)." Clarendon e Nottingham diedero la medesima risposta. Il Re desiderava anco più ardentemente di sincerarsi della inclinazione de' Prelati. Se essi gli erano ostili, il suo trono pericolava davvero. Ma ciò non era possibile. V'era alcun che di mostruoso nel supporre che un Vescovo della Chiesa Anglicana potesse ribellarsi contro il proprio Sovrano. Compton fu chiamato alle stanze del Re, il quale gli chiese se credeva che l'asserzione del Principe avesse il minimo fondamento. Il Vescovo trovossi impacciato a rispondere, poichè era uno de' sette che avevano sottoscritto lo invito; e la sua coscienza, che non era molto destra, non gli concedeva, a quanto sembra, di dire un'aperta bugia.
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