Sire,
disse egli "io sono sicurissimo che non vi è uno tra' miei colleghi che non sia, al pari di me, innocente in questo negozio." Lo equivoco era ingegnoso: ma se la differenza fra il peccato di siffatto equivoco e il peccato d'una menzogna vaglia uno sforzo d'ingegno, è cosa da porsi in dubbio. Il Re ne fu satisfatto; e disse: "Vi assolvo tutti da ogni sospetto, ma reputo necessario che pubblicamente contraddiciate il calunnioso addebito datovi nel Manifesto del Principe." Il Vescovo naturalmente chiese di vedere lo scritto che egli doveva contradire; ma il Re non volle consentirvi. Il dì seguente comparve un proclama che minacciava le più severe pene a tutti coloro che osassero spargere o semplicemente leggere il Manifesto di Guglielmo(1143). Il Primate e i pochi Pari spirituali che per avventura trovavansi in Londra riceverono ordine d'appresentarsi al Re. All'udienza v'era anche Preston col Manifesto in mano. "Milordi," disse Giacomo "udite questo paragrafo che tocca di voi." Preston allora lesse le parole colle quali erano rammentati i Pari spirituali. Il Re continuò: "Io non credo un jota di tutto questo: sono sicuro della vostra innocenza; ma stimo necessario farvi sapere ciò di che siete accusati."
Il Primate con mille rispettose espressioni protestò che il Re non gli rendeva altro che giustizia. "Io sono nato suddito di Vostra Maestà. Ho più volte confermata la fedeltà mia con giuramento. Non posso avere se non un solo Re ad una volta. Non ho invitato il Principe; e credo che nessuno de' miei confratelli lo abbia fatto.
| |
Manifesto Principe Il Vescovo Manifesto Guglielmo Primate Pari Londra Preston Manifesto Giacomo Preston Pari Primate Vostra Maestà Principe
|