Ma lo Arcivescovo non era uomo da lasciarsi imporre silenzio. Egli riepilogò la storia delle proprie vicende, enumerò gl'insulti che le creature della corte avevano fatto alla Chiesa Anglicana, e fra gli altri non dimenticò gli scherni ai quali era stato segno il suo stile. Il Re non aveva nulla a dire se non che era inutile ripetere le vecchie doglianze, e ch'egli aveva sperato coteste cose essere già cadute in oblio. Egli, che non dimenticava mai la più lieve ingiuria, non sapeva intendere in che guisa altri avessero a rammentarsi per poche settimane le più mortali ingiurie che avesse fatto loro.
Infine il discorso fu ricondotto al subietto dal quale aveva deviato. Il Re instava perchè i Vescovi dichiarassero con pubblico documento aborrire dalla impresa del Principe. Ma essi protestando sommessamente della loro lealtà, furono ostinatissimi a ricusare, dicendo il Principe asserire che era stato invitato da' Pari spirituali e secolari; l'addebito era a tutti comune; perchè dunque non doveva essere comune anco la discolpa? "Io vedo come egli è," disse Giacomo. "Voi avete favellato con alcuni Pari secolari, i quali vi hanno persuaso a contrariarmi in questo negozio." I Vescovi solennemente affermarono che ciò non era vero. Ma sembrerebbe strano, soggiunsero, che in una questione che spettava a cose politiche e militari importantissime, non si avesse a far conto de' Pari secolari, e la parte precipua fosse assegnata ai prelati. "Ma questo" disse il Re "è il mio metodo. Io sono il Re vostro; e spetta a me giudicare di ciò che meglio mi conviene.
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