Nondimeno qualche cosa poteva farsi. Il primo tentativo fatto dal Re per fuggire non era riuscito: era sommamente da desiderarsi ch'egli si ponesse di nuovo alla prova con migliore successo. Bisognava impaurirlo e sedurlo. La liberalità usatagli nelle pratiche d'accordo fatte in Hungerford, liberalità alla quale egli aveva risposto rompendo la fede, adesso sarebbe intempestiva. Bisognava non proporgli patti nessuni d'accomodamento; e proponendone egli, rispondergli con freddezza; non usargli violenza, e neanche minacce; e nondimeno non era impossibile, anco senza siffatti mezzi, rendere un uomo cotanto pusillanime, inquieto della propria salvezza. E allora, posto di nuovo l'animo nel solo pensiero della fuga, era d'uopo facilitargliela, e procurare che qualche zelante stoltamente non lo arrestasse una seconda volta.
X. Tale era il concetto di Guglielmo: e la destrezza e fermezza con che lo mandò ad esecuzione offre uno strano contrasto con la demenza e codardia dell'uomo con cui egli aveva da fare. Tosto gli si presentò il destro d'iniziare un sistema d'intimidazione. Feversham giunse a Windsor portatore della lettera di Giacomo. Il messaggiero non era stato giudiciosamente scelto. Egli era quel desso che aveva disciolto lo esercito regio. A lui principalmente imputavano la confusione e il terrore della Notte Irlandese. Il pubblico ad alta voce lo biasimava. Guglielmo, provocato, aveva profferito poche parole di minaccia; e poche parole di minaccia uscite dalle labbra di Guglielmo sempre significavano qualcosa.
| |
Hungerford Guglielmo Windsor Giacomo Notte Irlandese Guglielmo
|