Un Gesuita recitava il rendimento di grazie alla mensa del Re. Il vernacolo irlandese, allora il più odioso di tutti i suoni alle orecchie inglesi, udivasi per tutti i cortili e le sale. Il Re stesso aveva ripresa la sua vecchia alterigia. Tenne un Consiglio - l'ultimo de' suoi Consigli - ed anche negli estremi cui era ridotto convocò individui privi de' requisiti legali ad intervenirvi. Si mostrò gravemente indignato contro quei Lordi, che nella sua assenza avevano osato assumere il governo dello Stato. Era loro dovere lasciare che la società si dissolvesse, le case degli Ambasciatori venissero distrutte, Londra arsa, più presto che assumere le funzioni ch'egli aveva creduto giusto abbandonare. Fra coloro che ei così gravemente riprendeva, erano alcuni Nobili e Prelati, i quali a dispetto di tutti i suoi errori gli erano rimasti costantemente fedeli, e anche dopo questa altra provocazione non seppero, per timore o speranza, indursi a prestare obbedienza ad altro sovrano(1249). Ma tale coraggio presto gli venne meno. Era egli appena entrato in palazzo allorquando gli fu detto che Zulestein era pur giunto messaggiero del Principe. Zulestein espose la fredda e severa ambasciata di Guglielmo. Il Re insisteva per avere un colloquio col nepote. "Non mi sarei partito da Rochester" disse egli "se avessi saputo tale essere il suo volere: ma da che qui mi ritrovo, spero ch'ei voglia venire al palazzo di San Giacomo." - "Debbo dire chiaramente alla Maestà Vostra" rispose Zulestein "che Sua Altezza non verrà a Londra finchè vi rimarranno soldati che non siano sotto gli ordini suoi.
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