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      XVII. Guglielmo adunque dirittamente e con prudenza fece pensiero d'osservare le promesse contenute nel suo Manifesto, e lasciare alle Camere l'ufficio di riordinare il governo. Con tanto studio egli schivò tutto ciò che potesse sembrare usurpazione, che non volle, senza una qualche sembianza d'autorità parlamentare, avventurarsi a convocare gli Stati del Regno, o dirigere il potere esecutivo nel tempo in cui si facevano le elezioni. Nello Stato non v'era autorità strettamente parlamentare: ma potevasi in poche ore mettere insieme una assemblea alla quale la nazione portasse gran parte della riverenza dovuta a un Parlamento. Poteva formarsi una Camera de' numerosi Lordi spirituali e secolari che allora si trovavano in Londra, e l'altra degli antichi membri della Camera de' Comuni e de' Magistrati della Città. Tale disegno era ingegnoso e venne prontamente mandato ad effetto. Fu intimato ai Pari di trovarsi pel dì 21 dicembre al Palazzo di San Giacomo. Vi accorsero circa settanta. Il Principe gli esortò considerassero le condizioni del paese, e presentassero a lui il resultato delle loro deliberazioni. Poco dopo comparve un annunzio, col quale invitavansi tutti i gentiluomini che erano stati membri della Camera de' Comuni sotto il regno di Carlo II, a presentarsi a Sua Altezza la mattina del dì 26. Furono anche chiamati gli Aldermanni di Londra, e al Municipio fu richiesto di mandare una deputazione(1266).
      Taluni hanno spesso richiesto, in tono di rimprovero, il perchè lo invito non fu mandato anche ai membri del Parlamento che l'anno precedente era stato disciolto.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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