Sapevasi che Giacomo partendo aveva lasciata una lettera. Alcuni degli amici suoi proposero che fosse deposta sul banco, vanamente sperando che contenesse cose tali da apprestare la base ad un prospero accomodamento. A tale proposta fu fatta e vinta la questione pregiudiciale. Godolphin, che era tenuto per bene affetto al suo antico signore, profferì poche parole che furono decisive. "Ho veduto lo scritto," disse egli "e mi duole il dirvi che non contiene nulla che possa minimamente satisfare le Signorie Vostre." E veramente non conteneva una sola parola di pentimento de' passati errori, non speranza di non più ricadervi in futuro, e di ciò che era accaduto dava la colpa alla malizia di Guglielmo e alla cecità d'una nazione ingannata dagli speciosi nomi di proprietà e religione. Nessuno tentò di proporre di aprire pratiche d'accordo con un Principe che pareva reso più ostinato nel male dalla rigorosa scuola dell'avversità. Si disse qualcosa sul fare inchieste intorno alla nascita del Principe di Galles; ma i Pari Whig trattarono la cosa con isdegno. "Non mi aspettava, Milordi," esclamò Filippo Lord Wharton, vecchia Testarotonda che aveva comandato un reggimento contro Carlo I in Edgehill, "non mi aspettava di udire alcuno in questo giorno rammentare il fanciullo cui fu dato il nome di Principe di Galles; e spero che ormai sia rammentato per l'ultima volta." Dopo lungo discutere fu deliberato di presentare due indirizzi a Guglielmo. In uno lo pregavano di assumersi provvisoriamente l'amministrazione del governo; nell'altro lo esortavano a invitare con lettere circolari munite della sua propria firma tutti i collegi elettorali del Regno a inviare i loro rappresentanti a Westminster.
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