La sua casa era giorno e notte sì strettamente circondata dalla plebaglia, che nessuno rischiavasi a visitarlo; ed egli temeva non appiccassero fuoco alla sua cappella(1284). Ad ogni corriere che giungeva recando nuove dello avanzarsi del Principe, i suoi concittadini si sentivano rincuorati; e allorquando si seppe ch'egli, cedendo allo invito fattogli dai Lordi e dall'Assemblea de' Comuni, aveva assunto il potere esecutivo, tutte le fazioni olandesi proruppero in un grido universale di gioia e d'orgoglio. Sollecitamente fu spedita un'ambasceria straordinaria a recargli le congratulazioni della madre patria. Uno degli ambasciatori era Dykvelt, uomo in quella occasione di non poca utilità per la destrezza, e per la profonda scienza ch'egli aveva della politica inglese; e gli fu dato per collega Niccola Witsen, Borgomastro d'Amsterdam, il quale sembra essere stato scelto a fine di provare a tutta Europa che la lunga contesa tra la Casa d'Orange e la città principale della Olanda era cessata. Il dì 8 gennaio Dykwelt e Witsen si presentarono a Westminster. Guglielmo favellò loro con franchezza e cordialità tali che rare volte ei mostrava conversando con gl'Inglesi. Le sue prime parole furono queste: "Bene! e che cosa dicono ora gli amici a casa nostra?" E veramente il solo plauso che parve forte commuovere la stoica indole di lui, fu quello della terra natia. Della immensa popolarità ch'egli godeva in Inghilterra, parlò con freddo sdegno, e predisse con troppa verità la reazione che ne sarebbe seguita.
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