Diciannove ventesimi della nazione erano gente in cui lo affetto alla monarchia ereditaria era congiunto, benchè ove più ove meno, con lo affetto alla libertà costituzionale, e che era egualmente avversa all'abolizione della dignità regia e alla restaurazione incondizionata del Re.
Ma nel vasto spazio che divideva i bacchettoni che seguitavano ad attenersi alle dottrine di Filmer, dagli entusiasti che tuttavia sognavano i sogni di Harrington, v'era luogo per molte varietà d'opinioni. Se poniamo da parte le minute suddivisioni, vedremo che la massima parte della nazione e della Convenzione era partita in quattro corpi: tre erano Tory, il quarto era Whig.
L'accordo tra i Whig(1291) e i Tory non era rimaso superstite al pericolo che l'aveva fatto nascere. In varie occasioni mentre che il Principe marciava alla volta di Londra, la dissensione era scoppiata fra' suoi fautori. Mentre era ancor dubbio l'esito della impresa, egli con isquisito accorgimento aveva di leggieri chetato ogni dissenso. Ma dal dì in cui egli entrò trionfante nel palazzo di San Giacomo, ogni suo accorgimento tornò inefficace. La vittoria, liberando la nazione dalla paura della tirannide papale, gli aveva rapita di mano mezza la sua influenza. Vecchie antipatie, che sedaronsi mentre i Vescovi erano nella Torre, i Gesuiti in consiglio, i leali ecclesiastici a torme privati del loro pane, i leali gentiluomini a centinaia scacciati dalle Commissioni di pace, si ridestarono forti ed operose. Il realista raccapricciava pensando di trovarsi in lega con coloro ch'egli fino dalla sua giovinezza mortalmente odiava, coi vecchi capitani parlamentari che gli avevano devastate le ville, coi vecchi commissari parlamentari che gli avevano sequestrati i beni, con uomini che avevano in Rye House tramato il macello e capitanata la insurrezione delle contrade occidentali.
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